Ancelotti, da rimedio a prossimo rivoluzionario

Fino a qualche settimana fa la possibilità, o meglio le probabilità che Ancelotti venisse al Napoli erano pressoché nulle. Poche ore prima dell’ufficialità, anche tra gli addetti ai lavori, serpeggiava stupore, incredulità.

Una squadra esausta per la rincorsa sulla Juve, con i giocatori legati a clausole importanti e plusvalenze poderose, difficilmente avrebbe potuto garantire la continuità del progetto, e difficilmente avrebbe avuto la forza economica per potersi permettere l’acquisto di atleti in grado di preservare i risultati straordinari ottenuti in questi tre anni. Dilemma questo che affliggeva lo stesso Sarri, rispetto alla possibilità se continuare o meno un percorso che sembrava aver esaurito il suo cammino.

Che diavolo è successo all’improvviso? Perché garanzie finanziarie impossibili a un certo punto hanno reso il Napoli pari a una delle big europee? Perché queste garanzie non sono venute fuori quando sarebbero state graditissime a Sarri per competere su più fronti? Perché non metterle direttamente in mano a Sarri per gli stupefacenti risultati ottenuti? Ha forse il Napoli vinto una lotteria internazionale all’improvviso?

Dopo Inter-Juve, quel palazzo che avremmo voluto conquistare con inoppugnabili argomenti estetici, con le spallate prodotte da un popolo che si è legato indissolubilmente al suo condottiero, uno che manda affanculo i giornalisti, che critica il sistema, che denuncia il razzismo, che espone il dito medio ai tifosi avversari, che sbeffeggia gli ipocriti vassalli dei salotti televisivi, è imploso direttamente al suo interno. Gli inquilini del Palazzo, quelli che banchettano con vini pregiati e brindano per gli introiti, una volta spenti i riflettori di uno spettacolo avariato, se la sono fatta addosso.

Hanno preso alla lettera le parole di Sarri: Alla fine, se si continua così, le conseguenze ricadranno pari pari su chi ha i benefici economici più rilevanti in questo business.

Evitato lo spauracchio della presa del Palazzo, con Sandro Mazzola che dichiara su Tuttosport i meriti della Juve, senza rilevare la prestazione anomala del portiere della squadra, della quale è uno dei simboli, e dopo che il mondo ha assistito in diretta a una squallida farsa, molto telefonate con schede anonime saranno partite verso l’Italia.

“Il Napoli meritava, mettete in condizione il produttore cinematografico di realizzare la migliore sceneggiatura per dare credibilità al sistema, al Palazzo, senza dover correre più il rischio che un rivoluzionario di sinistra sputtani le nostre sante abitudini”

Il produttore, dopo nove giorni di silenzio assordante, riappare su più fronti, tutti perfettamente indottrinati e inizia a raccontare, con una felicità e una sicurezza mai viste prima, la trama del prossimo meraviglioso film.

Ancelotti è un po’ un antibiotico, un po’ l’estremo rimedio. Per cosa? Per le capate inesorabili che il Napoli di Sarri ha dato al Palazzo, al sistema del calcio italiano e alla deriva culturale dei suoi promotori. Ancelotti però viene anche a vendicare Sarri, animato dallo stesso spirito e consapevolezza antijuventina. “È nu brav’ omm’ ma nun è strunz'”

Se un popolo si innamora, da che mondo è mondo, sono cazzi. L’amore è l’unico sentimento in grado di far saltare equilibri atavici, può spostare le montagne. Questo stesso amore adesso non verrà tradito, poiché ogni gol, ogni giocata e ogni probabilissimo successo avrà il volto anche del subcomandante. Quel volto lentamente emozionerà il calmo e ragionevole Ancelotti. Poi, la passione del nostro sentimento lo condurrà a piazza Plebiscito con il medio esposto, fiero, in faccia all’occidente.

Il viaggio è lungo e la rivoluzione è appena iniziata. I film spesso hanno finali a sorpresa, al punto che nemmeno i produttori ne immaginano le conseguenze.

 

 

 

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