Il calcio inglese contro il calcio italiano. Quando la differenza è tutta in un gilet.

Per giustificare il mio sabato pomeriggio calcistico e dargli un senso che andasse oltre la romantica frittatona di cipolle, birra ghiacciata e rutto libero, mi sono inventato una scusa: desidero ardentemente confrontare mondi vicini che a detta di alcuni risultano, in questo momento, maledettamente lontani.

Per cui overdose di calcio. Si inizia da Tottenham-Liverpool fino ad arrivare a Napoli-Fiorentina.

Si gioca a Wembley. Stadio gremito e una Londra assolata fanno da sfondo ad una partita con ritmi vertiginosi, nel possesso palla della squadra di casa e nelle impressionanti accelerazioni volute da Klopp. Al 38′ il Liverpool passa in vantaggio. Colpo di testa di Wijnaldum palla pochi centimetri oltre la linea di porta con Vorm che tuffandosi all’indietro la spinge fuori.

“Mi sovvien l’eterno”. Buffon-Muntari gol-non gol. La tecnologia, per grazia ricevuta, da qualche anno a questa parte, timidamente viene introdotta per supportare l’arbitro nelle scelte più difficili.

Da Londra volo a Milano. Sole e bellissimo colpo d’occhio a San Siro. Partitaccia in campo. Dominio lento e sterile dell’Inter, passaggi orizzontali costanti come i movimenti di un pendolo. Sgaloppate solitarie di Gervinho, dopo le prime due o tre, smette di crederci lui stesso per mancanza di fiato. Un primo tempo mortificante. Risalta agli occhi e all’attenzione solo il bianco delle attillate camice dei due allenatori. Impeccabili, messi a lucido, al punto che tra la scala del calcio, della musica o della moda si fa fatica a dargli una giusta collocazione.

Ma l’Italia è avanti. Ha introdotto la var. Dovrebbe aiutare le scelte dell’arbitro. Appunto dovrebbe… Un mistero della fede. Ancora una volta due entrate folli non sanzionate, poi un fallo di mano sulla linea di porta da parte di un difensore del Parma che ovviamente non merita di essere rivisto. Interisti incazzati neri.

Mi ritorna in mente il tradizionale paradosso del regressum in infinitum. Che potrebbe essere meglio indicato con il paradosso della falsa coscienza della nazione italica. Se l’arbitro valuta l’azione, chi valuta l’operato dell’arbitro, aiutandosi con la var, ha bisogno di colui che valuta l’operato di chi valuta la var e così all’infinito. A meno che le sorti della legalità non vengano affidate ad un algoritmo o meglio messe direttamente nelle mani di Moggi.

Intanto a Londra inizia un’altra partita. Chelsea contro l’outsider Cardiff. Splendido colpo d’occhio, velocità, palleggio, Cardiff in vantaggio dopo uno schema perfetto su calcio piazzato, con un centrale Bamba, che la mette dentro al 15′. Poi la trama vertiginosa dei geometrici passaggi voluti da Sarri, mette in condizione Hazard di ribaltare il risultato. Fino ad un meraviglioso gol di William che fa da contro canto a quello altrettanto splendido di Dimarco. Il primo però, a sensazione, sembra suggellare una splendida giornata di sport londinese, il secondo, più che altro, un tiro buttato li come per dire “e ca’ a maronn’ m’accompagn'”. Detto fatto, palla all’incrocio dei pali.

Ecco si profila l’intuizione che andavo cercando. Giustamente un paese mariano si affida alla madonna per cercare la soluzione ai suoi problemi.

Finalmente alle 18 torna in campo la squadra per cui tifo. Il colpo d’occhio è desolante. Spalti vuoti e la pista di atletica di uno stadio glorioso sembra un tratto della vecchia Salerno-Reggio Calabria.

Non conta mi ripeto. Serve il riscatto, la vendetta per la beffa subita l’anno scorso in dieci. Non posso dimenticare che Pioli ci regalò un solo punto. La fiorentina ha due talenti davanti. Nel mercato virtuale il giovane Chiesa non ha valore. Decine e decine di milioni di euro. Immagino ritmi frenetici, e la difesa del Napoli in difficoltà.

Gianni Mura insieme ad Eraldo Pecci, compagno di squadra di Maradona prima del nostro storico scudetto, è da un po’ che promuovono un sport simile al calcio ma per persone in sovrappeso. Il calcio camminato. Ecco la seconda intuizione: la distanza che ci separa da Londra, oltre allo stile impeccabile dei panchinari – Pioli in camicia nera con un elegante e funebre gilet, viola e nero – è nella differenza dello sport praticato: il calcio contro il calcio camminato.

Anche a Napoli la partita scorre serena, rilassa, a tratti addormenta, poi appare la madonna nella mente di Milik e Insigne la risolve.

Gli spalti erano vuoti per due ragioni. La prima è che la televendita di un prodotto contraffatto ad un certo punto induce qualche perplessità sullo stato della propria salute mentale nel momento in cui la si sostiene incondizionatamente. La seconda è che 35 euro per una curva in una partita di calcio camminato sono un pò troppi. Si, capisco la maglia, la fede, l’amore, l’orgasmo del gol, la squadra, la città, ma con i 35 euro si può fare la spesa per tre giorni alla pignasecca, si possono acquistare tre bei libri che consentono emozioni per 4-5 settimane, volendo anche un’ottima bottiglia di Taurasi che regala un paio di ore di tragica e lucida verità.

Mi sembra ragionevole da parte della presidenza limitare le proprie pretese. 7 euro la curva, 15 i distinti e 20 le tribune. Uno stadio pieno, attraverso l’adrenalina, chissà che non trasformi il calcio camminato in galoppato.

Oggi è domenica. Il giorno del signore. L’Italia si aspetta le prodezze di Ronaldo contro le comparse del Sassuolo. Io invece a questo giro non cerco giustificazioni, vado a farmi una bella nuotata.

 

 

 

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