Il nichilismo Napolista

In un paese normale, non so, Zimbabwe, Sultanato del Brunei, Corea del Nord, alla fine del campionato di calcio 2018 sarebbe stata aperta un’indagine, per cercare di accertarne la regolarità. Troppi episodi dubbi in un’unica direzione. Tutti puntualmente avvenuti negli snodi fondamentali della competizione, protagonista una tra le due squadre più forti, impegnate nella contesa.

Oltre alle indagini della magistratura, l’opinione pubblica avrebbe intrapreso una campagna mediatica per inchiodare i soggetti responsabili. Avrebbe calcato la mano sulle scelte arbitrali, le disfunzioni della gestione del Var, l’organizzazione del calendario e quant’altro.

Niente di tutto questo. Da buoni fratelli, non è mai giusto pestarsi i piedi. Soprattutto perché si è tutti impegnati in un unico fine. Quello di veder crescere e progredire l’Italia. Renderla competitiva, attraente, irresistibile.

Un’irresistibilità talmente irresistibile, che non avremo il piacere di ammirarla ai mondiali.

Ora si sa, per quieto vivere e affinché non si avveleni il clima di civile convivenza, è sconsigliato scardinare certi sistemi, certi palazzi, soprattutto nel momento in cui sono già pericolanti di per sé.

Bene. Sempre nei paesi normali, se proprio non si vuole percorrere la strada a colpi di ruspa, si opta per una via critica. Si individua un problema e si cerca una soluzione. Il problema è una carenza dell’organizzazione di gioco. Scontato, prevedibile, noioso, pigro, difensivo. La morte del calcio. Questa è l’Italia calcistica e non solo. La squadra che ha vinto negli ultimi sette anni ne è l’essenza.

C’è una soluzione? Come riprendere le fila di un discorso capace di coinvolgere emotivamente gli spettatori, i giovani calciatori, le squadre, le società, per rendere avvincente questo sport?

In tre anni, un’eccezione, una sola via di uscita, si chiama il Napoli di Sarri. L’eccezione, al due di giugno, non si sa se allenerà, per giunta non in Italia. Un popolo di tifosi e spettatori ha ammirato un capolavoro e il suo creatore ringrazia.

In un paese normale, che ne so Zimbabwe, Brunei, Corea, avremmo avuto società, opinione pubblica, lega, palazzi, che avrebbero fatto di tutto per trattenerla e percorrerla la strada dell’eccezione. E invece no!

Mi sveglio e leggo che un coglione ha fomentato un popolo di coglioni: a quanto pare, ci siamo divertiti a fare la rivoluzione, contravvenendo alla logica, ai soldi, al buon senso, all’estetica.

https://www.ilnapolista.it/2018/06/sarri-soldi-rivoluzioni/

Siamo un paese che non è normale, perché nello sforzo sovrumano di produrre un pensiero, di poter dire qualcosa di sensato, in modo inesorabile e puntuale partoriamo un topolino, morto per di più. Un’incongruenza, un non senso, qualcosa che si stenta davvero a concepire. Il popolo “attonito al nunzio sta”, umiliato e sbeffeggiato. Semmai dovesse affondare, questo benedetto e squallido Titanic, sappiate penne benpensanti e presunti cervelli fini, che lo avrete sulla coscienza e che ogni vostra prolusione e singolo respiro sono tronfi del peggiore nichilismo.

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