Sarri. Tre anni, zero titoli. Perché?

Perché l’Italia non deve vincere. Va rassicurata, imbambolata con parole inutili e suadenti. Con una morale mortifera e scontata.

Deve giocare in difesa, essere perennemente chiusa e pronta a non prenderle. Lenta lentissima, corretta nei discorsi e troia nell’anima.

Perché odia l’amore, quello che strappa la carne di dosso, ha imparato a sognarlo in un canto orribile che lo pronuncia in ogni scorreggia dell’anima.

È tutto un rito, il regalo a natale, il panettone, l’intervista soppesata, la denuncia solo quando conviene e non sortisce effetti. Si ripete come si ripetono le stronzate della DC sotto spoglie diverse, è il nulla delle dichiarazioni ufficiali dettate dalla coscienza ad ogni funerale. Un eterno funerale l’esistenza, anche quando si stappa lo spumante.

L’italia deve andare al circo, dove le bestie drogate e ingabbiate raccontano le nostre catene e i Clown ridono piangendo. Il circo, caro Allegri, è quello che il sistema ti impone e ci impone. È l’eroina della banalità che goccia dopo goccia spegne il cervello.

Guai a navigare, a mostrare isole nuove da raggiungere, come potrebbero mai fare i nostri ragazzi rincoglioniti se dovessero imparare a correre, a divertirsi, a sentirsi liberi. Giocare in attacco, passarsi la palla di prima, fottersene della vittoria perché solo con la bellezza si vince.

Non sia mai iddio. Al cenone una parola fuori posto, un moto di ribellione. Consegniamo l’esistenza alla preghiera e ai sensi di colpa. Ebbene cara Italia, non nascere mai, meglio vivere come i morti. Forza adesso ci aspettano lettino e ombrellone, un coglione che arriva e uno che parte. Notizie, inutili notizie strombazzate come se fossero stelle cadenti.

Il desiderio è sempre bello da sognare, basta che quando si presenta in carne ed ossa, si è subito pronti a trasformarlo in utopia.

Ecco Sarri, la sua creatura meravigliosa, un’utopia. Stamattina mi sembra di essermi svegliato da un sogno meraviglioso, ho gioito e cantato per una rivoluzione.

Sento già le mandate della chiave nel portone del palazzo. Il sospiro di sollievo. Se una coppa del nonno dobbiamo vincerla meglio farlo con chi sa rassicurarci in giacca e cravatta e non mandarci dolcemente affanculo con la tuta.

 

 

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