La sagra della nazione che raglia

L’asino è tra i miei animali preferiti. Adoro vedere come si arrampica per le stradine scoscese di Ginostra, ascoltarlo urlare al vento e al mare il proprio istinto.

Nell’immaginario collettivo però, il ragliare è stato derubricato a suono sgradevole e stonato. Due aggettivi, i più appropriati per definire quella che dovrebbe essere una festa dello sport e che invece puntuale ogni anno è la manifestazione di un paese morente ed incosciente. La chiamano vittoria del campionato, scudetto.

La costruzione di un amore, è un altare di sabbia in riva al mare. Così Fossati. Bene la costruzione leggendaria di un furto ha la stessa caratteristica. È una cattedrale che verrà spazzata via dalla prima onda seria. Nel giorno dell’assegnazione dello scudetto gli asini come in un rito orgiastico ragliano a tutto spiano. La repubblica, il Corriere, testate provinciali e volgari, televisioni, tifosi. Il giorno dello scudetto è la sagra del paese che raglia. Il tanto atteso gesto che chiude la stalla e mette a riparo la memoria da qualsiasi dubbio. Si certo… si può giocare meglio, fare più punti. L’importante è dimenticare subito il percorso e tenersi stretto il risultato, il delitto.

Tanto poi la società organizzerà il prossimo furto, l’opinione pubblica lavorerà in modo meticoloso per nasconderlo, e gli asini potranno festeggiare nuovamente.

Li contano con fare autistico, poi spesso si confondono sul numero finale. Sono 34! No 36! Certo, come potrebbe essere altrimenti. È bastato perderne uno per invalidare tutti gli altri. Ma non sono gli altri a non doverlo sapere, poiché gli altri già lo sanno. È la propria coscienza che non deve minimamente essere sfiorata dal dubbio. “Non è che sto rubando?” Lasciamolo ragliare questo paese morente, disonesto e rincoglionito. Lasciamolo al suono sgradevole e stonato della sua sagra. In questi ultimi tre anni civiltà e bellezza hanno toccato partenope. Il mondo lo riconosce e noi ci riconosciamo nel mondo, non certo nello specchio assurdo di un palazzo vicinissimo al suo crollo definitivo.

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